La fidelizzazione del cliente passa anche attraverso la misurazione e il monitoraggio della sua soddisfazione e, di conseguenza, del servizio che siamo in grado di offrire.
Oggi viviamo in un contesto economico dove curare i profitti è importante quanto stare dietro le richieste dei singoli clienti e non è difficile intuirne il motivo: un cliente soddisfatto, non solo del prodotto/servizio, ma dell’intero processo che ha portato al suo acquisto, è un cliente che non deve comunque essere dato per scontato. Mai, bensì assecondato e coccolato prima, durante e dopo, per il bene dell’azienda stessa.
Michele Rocchetta, socio fondatore della Delos Ricerche, illustra a Lavoropiù come una Customer Experience sia fondamentale per il successo dell’azienda e per fidelizzare i clienti.
1. Iniziamo dalla Sua storia personale, si racconti ai nostri lettori.
É presto detto: ho iniziato a operare nel campo della ricerca nel 1995, subito dopo aver conseguito la Laurea in Scienze Politiche, in un’azienda bolognese che si occupava di sondaggi e ricerche di mercato. L’istituto presso il quale lavoravo, nel 2005 ha chiuso e a quel punto, assieme a due colleghi, ho fondato la Delos Ricerche Srl.
Proprio a marzo di quest’anno, quindi, abbiamo compiuto i dieci anni di attività.
2. In riferimento al titolo dell’intervista riesce a chiarire il significato dei termini Customer Care, Customer Satisfaction e Customer Experience?
Quello che viene definito servizio di Customer Care, in realtà è un atteggiamento, che diventa un’attitudine. Si tratta dell’insieme di azioni che un’impresa svolge per agevolare i clienti prima, durante e dopo l’atto di acquisto dei propri servizi o prodotti. Sempre più aziende, negli ultimi anni, hanno deciso di orientarsi verso la filosofia della Customer Care.
Parlo di filosofia in quanto, la Customer Care non è una banale questione di marketing o di sistemi informatici, ma riguarda l’azienda nel profondo e la sua visione nel complesso.
La Customer Care è un approccio intimamente legato alla strategia, alla comunicazione, all’integrazione tra i processi aziendali, alle persone ed alla cultura, che pone il cliente al centro dell’attenzione.
Questo approccio è fondamentale per qualsiasi azienda, in qualunque settore operi e di qualsivoglia dimensionamento sia caratterizzata.
In questo contesto si sviluppa l’attività di Customer Satisfaction.
Il termine identifica, nell’uso comune, uno strumento/attività di misurazione del grado di soddisfazione del cliente in relazione a un prodotto o servizio acquistato; ovvero la percezione dell’acquirente di aver ben impiegato il proprio denaro, avendo ottenuto, in proporzione alle sue aspettative, il risultato atteso o, al meglio, più di quello che si aspettava.
Questi strumenti e approcci, che hanno dominato la scena dagli anni ’90, oggi stanno subendo un’ulteriore evoluzione.
Il presente, in qualche misura, e il prossimo futuro saranno caratterizzati dalla Customer Experience. La centralità del prodotto/servizio viene sostituita dalla centralità dell’esperienza tra il cliente, il marchio e i suoi prodotti.
In questa ottica la Customer Satisfaction non è un metodo di analisi superato, ma uno strumento utile per creare una Customer Experience migliore il cui fine ultimo è instaurare un rapporto positivo e continuativo tra il marchio e la clientela.
La cura della Customer Experience svolge un ruolo importante nella crescita delle imprese e nella popolarità dei marchi, creando un canale di comunicazione preferenziale con il cliente (fondato sulla sua esperienza, le sue sensazioni) che permette infine la differenziazione del marchio in mercati molto competitivi.
Il fulcro delle politiche di Customer Experience è il miglioramento dell’esperienza del cliente dal momento della scelta, all’acquisto e alle fasi del post-vendita.
In definitiva, la Customer Experience è una evoluzione della Customer Care. Mentre la Customer Satisfaction è uno strumento che interviene in entrambe le strategie.
3. Grande, medio o piccolo che sia, non importa: un’azienda deve essere ingrado di offrire un servizio alla clientela di tutto rispetto. La frase “il cliente ha sempre ragione” è il mantra di tutti i business?
La risposta che mi viene da dare è No. Il cliente non ha sempre ragione.
Il cliente ha le sue ragioni, e proprio queste devono essere l’argomento di indagine quando si fa Customer Satisfaction.
Partiamo dal presupposto che il prodotto o servizio che proponiamo è di qualità (diversamente, siamo ancora troppo acerbi per qualunque politica di Customer), a questo punto dobbiamo coltivare la relazione tra Impresa e Cliente.
Fermarsi alla semplice, per quanto collaudata, Customer Satisfaction è oggi considerato un errore che può portare a intraprendere delle iniziative allo stesso tempo costose e poco produttive.
Chiedere al consumatore, banalmente, quale prodotto desideri non è più sufficiente.
Attorno all’azienda occorre creare un ambiente gratificante. L’acquirente deve sentire di vivere una esperienza unica ed emotivamente appagante, all’atto della scelta.
Scelta che qualunque acquirente (che sia un buyer aziendale o un compratore finale) compie sempre più secondo dinamiche simili.
Grazie agli smartphone, ai tablet e ai computer sempre connessi, nelle fasi di scelta dell’articolo da comprare il consumatore si informa online, non solo sulla qualità, ma soprattutto consulta e ascolta con attenzione commenti e recensioni di chi ha fatto la medesima scelta in precedenza.
Si pensi al successo delle recensioni online, su molti portali o siti di e commerce: parte di ciò che si legge in molte recensioni riguarda l’esperienza del consumatore e risulta dunque centrale nel momento della scelta, dell’acquisto e della fidelizzazione del cliente.
La consapevolezza di tali dinamiche rende evidente il potenziale di uno sforzo aziendale verso migliori politiche di Customer Experience.
4. Il CRM può essere considerato una strategia di business volta a costituire relazioni personalizzate e di lungo periodo con il cliente. Gli obiettivi sono due: fidelizzare e trovare nuovi clienti. Quanto è importante l’uso corretto del CRM?
Anche in questo caso si parla di filosofia, di forma mentale e orientamento che porta a costruire un modus operandi che mette la relazione con il cliente al centro dell’attenzione di chi decide (e mette in partica) la strategia aziendale.
Poi viene il software. Molto spesso un’impresa si dota di un software e si illude di aver “messo in piedi il CRM”.
Il software permette alle aziende di arricchire le banche dati interne relative ai propri clienti (se si è bravi e costanti nell’alimentare “la macchina”) allo scopo di definirne chiaramente i profili.
Successivamente, se l’acquisto del programma è supportato da una strategia, tutti questi dati possono permettere ai decisori di studiare strategie di fidelizzazione della propria clientela e progettare azioni di sviluppo commerciale.
In questo senso, sì, l’uso del CRM può aiutare le imprese a tenersi stretti i clienti e studiare piani di espansione.
Chi confonde la politica CRM con il software riduce il tutto a un sistema di archiviazione o interrogazione di database.
CRM, Business Intelligence, Customer Satisfaction, Customer Care, sono “strumenti mentali” all’interno di una “cassetta di attrezzi” che, a oggi, è la Customer Experience.
5. L‘errore di molti, purtroppo, è quello di abbandonare il cliente una volta portata a termine la vendita del prodotto/servizio. La Customer Care può essere considerata un’assistenza “post vendita”?
Molto vero. In tante realtà l’aggressività commerciale mette in secondo piano le azioni di Customer Care.
Molte aziende privilegiano l’acquisizione di nuovi clienti a discapito della gestione della relazione già attiva. Questo con grande dispendio di energie e risorse.
L’aggressività commerciale è figlia di una visione vecchia dell’azione sul mercato (o di una necessità, per le imprese neonate, e in questo caso naturale).
Oggi il problema è rappresentato dalla gestione delle relazioni con i clienti, con l’obiettivo di garantire agli stessi un valore superiore e all’impresa lo sviluppo della redditività nel tempo.
In questo caso entra in gioco il marketing relazionale. Con il marketing relazionale si passa da una logica di acquisizione/transazione a una logica di fidelizzazione/relazione.
Non si tratta di un cambiamento da poco. Abbracciare una logica di fidelizzazione significa, in molti casi, modificare radicalmente il proprio atteggiamento.
Occorre abbandonare la sicurezza del lavoro sulla bontà del proprio prodotto/servizio (che diamo per scontata) per intraprendere l’esplorazione dell’incerto universo relazionale.
Possiamo definire alcune regole che ci consentono di migliorare l’atteggiamento fiduciario tra noi e i nostri clienti. Sono quattro parole magiche: Soddisfazione, Fiducia, Impegno e Lealtà.
Soddisfatto il cliente con impegno e lealtà, ne otteniamo la fiducia; ed è con impegno (cura) e lealtà, che la manteniamo.
6. Perché dovremmo profondere tanti sforzi per instaurare una relazione fiduciaria con un cliente, piuttosto che cercare di procurarcene altri con azioni di “rastrellamento” sul mercato?
Anzitutto perché l’acquisizione di un nuovo cliente implica il sostenimento di oneri (marketing, pubblicità, forza vendita) che il cliente già in portafoglio ammortizza su un orizzonte temporale più ampio.
In secondo luogo perché la familiarità con un fornitore ben sperimentato incoraggia a indirizzare presso lo stesso una quota più alta degli acquisti di una determinata categoria di prodotto, ad acquisire versioni di più elevata qualità o complessità e a più alto margine per l’impresa. Inoltre i clienti fedeli si indirizzano verso un mix di acquisti di maggiore valore: al prodotto base possono aggiungere, se il caso, altri prodotti.
Infine, ma non di minore importanza, i clienti soddisfatti, che hanno instaurato delle relazioni positive con la nostra impresa tendono ad attivare un passaparola positivo.
Insomma, le occasioni di business le abbiamo, spesso, già in casa e le trascuriamo.
In questo senso, i commerciali sono le prime antenne che l’impresa possiede per raccogliere le informazioni sulla soddisfazione dei clienti. Occorre che loro, per primi, abbraccino la filosofia della Customer Care, valutando come elementi importanti anche le criticità che, gestite con intelligenza, possono diventare momenti di crescita nella relazione tra le parti.
7. Come si riconosce una buona Customer Satisfaction?
Realizzare corrette ed utili analisi della soddisfazione del cliente non è affatto facile.
Molti sono i problemi da affrontare e risolvere e lo strumento deve essere adattato alle caratteristiche dell’impresa che lo vuole utilizzare.
Quali tipologie di “clienti” possono essere coinvolti? Ovvero, su quale universo dobbiamo operare? In questo caso ogni impresa analizzerà le caratteristiche della propria clientela e deciderà le azioni più opportune, l’utilizzo di uno strumento di CRM, in questo senso, può essere utile.
Per esempio si potrà decidere se interpellare i clienti attuali, oppure i clienti persi o con acquisti in calo o, infine, i clienti potenziali.
Sono scelte che attengono alla strategia dell’azione e alle necessità da esaudire.
Una volta definito l’universo di riferimento occorre identificare quali metodi utilizzare per raccogliere i giudizi dei clienti.
Si può ricorrere a diverse tecniche di raccolta delle informazioni; tra le principali troviamo le interviste dirette, quelle telefoniche, le indagini postali e, infine, i questionari online.
Ogni tecnica ha dei vantaggi e degli svantaggi rispetto alle altre.
La scelta della soluzione ottimale non può che scaturire dall’analisi delle caratteristiche del parco clienti e dagli obiettivi specifici dell’indagine.
Succede, talvolta e in presenza di particolari condizioni, che le diverse metodologie vengano messe in campo assieme, in forma integrata o alternativa. Insomma, non ci sono metodologie sbagliate o giuste a priori, ma solo quelle più adatte alle esigenze di ricerca contingenti.
Definito il metodo, occorre strutturare lo strumento: il questionario, il quale avrà caratteristiche differenti in relazione al metodo di raccolta scelto.
Che si scelga di utilizzare domande dirette o indirette, scale di valutazione pari o dispari, risposte numeriche o con stringhe auto esplicative, il vero requisito sine qua non, per la realizzazione di una buona Customer risiede nella capacità di utilizzare un questionario che sia concepito in maniera tale da assecondare la logica e il punto di vista dei clienti e che includa tutti gli attributi che rientrano nei loro criteri di valutazione e di scelta.
Per fare questo servono momenti di analisi della problematica ben fatti e… un po’ di esperienza!
É soprattutto con quest’ultima che si impara a bilanciare in maniera opportuna diverse esigenze: mantenere l’interesse e il coinvolgimento del cliente, toccare tutti gli argomenti che interessano l’azienda, toccare tutte le questioni che stanno a cuore ai clienti e mantenere più breve e snello possibile il questionario.
Infine occorre decidere quanti clienti occorre analizzare, come individuarli e quando (e quanto spesso) effettuare la rilevazione della customer satisfaction.
Per quanto riguarda la numerosità, si possono coinvolgere tutti i clienti o soltanto un campione rappresentativo degli stessi. Se l’azienda ha un numero limitato di clienti la scelta migliore può essere di coinvolgerli tutti.
Nel caso il numero di clienti sia ampio è invece opportuno ricorrere a una rilevazione campionaria. Il campione deve essere “statisticamente rappresentativo” dell’universo preso in considerazione.
Se non si presta la dovuta attenzione a questa fase si può cadere nella trappola di lavorare con campioni non statisticamente rappresentativi che possono fornire una rappresentazione deformata della realtà. É chiaro che basare le decisioni aziendali su dati espressi da campioni non statisticamente rappresentativi può essere molto rischioso.
Le indagini di Customer Satisfaction possono essere fatte periodicamente oppure continuativamente. La scelta va fatta tenendo conto delle caratteristiche del settore di attività, degli obiettivi e delle strategie dell’azienda, delle risorse disponibili, ecc.
Tutte quelle elencate sono caratteristiche tecnico-metodologiche che devono essere tenute presenti nella progettazione dell’indagine, ma non deve mai venire a mancare l’osservazione del precetto fondamentale: attenzione al punto di vista del cliente.
Occorre predisporre un’azione di ricerca in maniera tale da assecondare la logica e il punto di vista dei clienti e che includa tutti gli attributi che rientrano nei loro criteri di valutazione e di scelta.
Se non si fa questo, il cliente se ne accorge e si perde di credibilità con il rischio molto consistente che le risposte ottenute siano falsate o superficiali.