Nel dicembre 2015 i responsabili politici di 195 paesi convenuti a Parigi ratificano un accordo internazionale sul clima che ha come obiettivo la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Da quella firma, e dagli appelli che l’hanno seguita per chiederne l’osservanza nei tempi e nei modi stabiliti, governi nazionali e aziende private di tutto il mondo hanno intrapreso un lento ma progressivo percorso di politiche attive ispirate a un maggiore rispetto ambientale.

Una sensibilità si direbbe quasi imposta dalla non proprio sana e robusta costituzione di cui, si sarà notato, gode il pianeta negli ultimi tempi. Le immagini dei ghiacciai del Nord che fondono e collassano come immense cattedrali di marmo scosse da un sisma senza epicentro; l’inquinamento che appesta le acque un po’ ovunque; l’uso scellerato, per non dire l’abuso di materie prime che impoveriscono il patrimonio naturale terrestre, sono testimonianze del bisogno che si avverte di invertire la rotta. Dell’esigenza di pensare al futuro in maniera diversa, duratura. E di farlo alla svelta. O almeno prima che sia troppo tardi.
Come riflesso incondizionato di questo rinnovato eticismo, il mercato del lavoro già da tempo asseconda l’inclinazione a uno sviluppo sostenibile. Lo fa attraverso la creazione di professioni sempre più calibrate su un uso responsabile delle risorse. Ma è con la comparsa sulla scena professionale dell’ultima ondata di Millennials, e l’imminente sbarco massiccio della cosiddetta Generazione Z, che il mercato del lavoro si appresta a vivere la sua vera primavera “green”.

L’etica – in tutte le sue declinazioni, compresa quella ambientale – guiderà nei prossimi anni le scelte dei candidati nella valutazione dell’azienda in cui investire le proprie competenze. Dotarsi di un’anima, quindi, oltre che di un modello di business, per l’impresa di domani sarà irrinunciabile.
In un contesto del genere, anche la domanda di professioni “a elevato impatto etico” sarà destinata a crescere rapidamente. Pochi i settori esclusi da questa autentica rivoluzione culturale. Dall’edilizia all’agroalimentare, dai trasporti all’energia, passando per il medico-farmaceutico, la finanza, fino alla consulenza più in generale: ogni azienda, c’è da scommettere, si adopererà nel proprio interesse per dotarsi di un suo lato “verde”.
La ricerca di queste nuove figure professionali qualificherà in maniera consistente il recruiting del prossimo quinquennio. Con una ricaduta stimata in diverse centinaia di migliaia di “professionisti ambientali” pronti ad arricchire il mercato da qui al 2030.
Già, ma a chi ci riferiamo quando parliamo di questi nuovi “professionisti ambientali”? Ne abbiamo messi in fila alcuni. Ma la lista, si capisce, va considerata incompleta. O, se si preferisce, in costante aggiornamento.
Energy Manager.
È una figura già piuttosto nota al mercato, quella dell’energy manager. Il mondo del lavoro si è accorto che c’era bisogno di un professionista del genere più o meno quando, prima ancora che eticamente, il tema dell’ottimizzazione dei consumi energetici cominciò a interessare le aziende per ragioni più che altro economiche. Va da sé che oggi, col tema dell’impatto energetico che guadagna (anche) una connotazione ambientale, il valore delle azioni di questi professionisti dell’efficientamento energetico sono destinate a raddoppiare sul mercato del lavoro nel giro di pochissimi anni.
Responsabile del prodotto di marketing sostenibile.
Tra le figure non ancora presenti sulla scena professionale, ma di cui all’orizzonte già si intravede la sagoma (oltre che il bisogno), c’è poi il responsabile di prodotto di marketing sostenibile. Si tratta nello specifico di un professionista la cui missione sarà quella di concepire prodotti (poco importa il settore di riferimento) che abbiano il minor impatto ambientale possibile, e che finiscano sul mercato a un prezzo accessibile al maggior numero possibile di persone.
Responsabile acquisti sostenibili.
Che si tratti di una grande multinazionale o di una piccola industria di provincia, ogni processo aziendale sarà fondato sul rispetto dei medesimi principi etici di sostenibilità ambientale. Per questo tra non molto potremo imbatterci su una figura come il responsabile di acquisti sostenibili. Si tratterà, in questo caso, di un professionista il cui compito è quello di garantire un approvvigionamento “pulito” all’azienda, monitorando i processi interni e i rapporti con fornitori e subappaltatori di servizi. Perché anche loro rispondano degli stessi requisiti di eticità davanti al cliente finale
Designer di materiali riciclabili.
Non c’è molto da aggiungere, a essere onesti. Si tratta più che altro di una professione che esiste già, ma che subirà presto, su domanda del mercato, una netta virata verso processi a minore impatto ambientale. Il designer di materiali riciclabili immaginerà dunque prodotti fabbricati per essere facili da smaltire o, in alternativa, integralmente basati su materiali 100% riciclabili.
Avvocato ambientale.
Particolarmente richiesta dalle industrie chimiche, agroalimentari ed energetiche, quella dell’avvocato ambientale è un’altra delle professioni che promette di avere ampi margini di crescita sul mercato. La sua missione è semplice solo a parole: fare luce nel mare magnum delle regole, delle normative, dei codici e dei codicilli in materia ambientale. A lui spetterà infatti il compito di assistere l’impresa e guidarla nel rispettare i requisiti normativi imposti dalle leggi per ciascuna area o settore di pertinenza aziendale. E siccome si tratterà di tradurre tutto questo a collaboratori e ingegneri, le sue competenze dovranno giocoforza essere più trasversali di quanto non lo siano oggi.
Agricoltore urbano.
E per chi vuole mettersi in proprio e conserva un certo romanticismo per il lavoro manuale, la figura dell’agricoltore urbano sembra tagliata su misura per lui. Coltivatore diretto a tutti gli effetti, questi opererà dunque in città, a chilometro zero, e lo farà (dal momento che potrebbe trattarsi anche di grandi città) su superfici verticali o sui tetti di uffici, parcheggi e grattacieli. All’aperto o in serre “condominiali” di dimensioni ridotte.
Perché l’etica resterà pure un bene collettivo, ma continuerà a coltivarsi comunque, e sempre, nella solitudine del proprio orticello.
Fonte: Monster.it – Valerio Sordilli, giornalista e Monster contributor