Le definizioni evolvono, giorno dopo giorno. Non fa eccezione il mondo della selezione: nel 1997 le Agenzie per il Lavoro si chiamavano
agenzie di fornitura di lavoro temporaneo. Poi sono diventate interinali, agenzie di somministrazione e di job placement ed ora APL. Il recruiting si chiamava semplicemente ricerca e selezione, definizione che oggi sembra vecchia, inadeguata, polverosa. Ma questa evoluzione si verifica in tutti i settori e in tutti i contesti: basti guardare a come negli anni sono cambiate le job title dei lavoratori.
Quelli che una volta chiamavamo semplicemente “ruoli” e che servivano a descrivere una mansione lavorativa, ai tempi di Linkedin lasciano il posto ad una miriade di etichette in cui a prevalere, molto spesso, è una fantasia quasi estrema. Ed è così che un semplice progettista diventa un “modelling specialist”, un responsabile amministrativo diventa un “Admin Responsible” ed addirittura un falegname si trasforma in un “Intagliatore e levigatore del legno”.
L’unico modo per non perdersi in questa giungla di job title, è quella di osservarne l’evoluzione, studiarla, monitorarla. Chi per lavoro cerca di allargare il proprio network di contatti (selezionatori a caccia di candidati, ma anche commerciali o addetti agli acquisti in cerca rispettivamente di clienti e di fornitori), deve inventarsi sempre nuovi modi per incrociare le parole chiave, mandando a memoria tutte le possibili combinazioni e regole booleane utilizzate dai motori di ricerca. Anche sui gestionali o nei portali che raccolgono le candidature, ci si trova di fronte a decine di modi per chiamare la stessa posizione ed anche l’utente/candidato a scervellarsi davanti a dilemmi su come è meglio definirsi: buyer, ufficio acquisti, approvvigionatore, purchaiser, procurament account o sourcing specialist?
Per non parlare poi del ricorso ad acronimi creativi, sigle che in realtà sono spesso riconducibili a classificazioni interaziendali e quindi incomprensibili fuori dalle mura del contesto in cui sono stati concepite. Frequentemente capita di imbattersi in job title come GRT Manager o SPT Leader, vistose classificazione che riconducono, sotto sotto, a normalissime attività e funzioni.
Ogni contesto aziendale, infine, partorisce differenti etichette per attribuire le responsabilità a specifiche funzioni aziendali, a volte con l’obiettivo di “mischiare le carte”, magari infiocchettando con un nome altisonante un ruolo che altrimenti sarebbe letto come tradizionale o addirittura passato. E tutto questo, spesso, andando ad arricchire l’autostima di chi, questo ruolo, va a ricoprirlo, invitandolo a sfoggiare il biglietto da visita come una medaglia da esibire.
È abbastanza comune per il genere umano classificarsi in base al mestiere che si svolge e questo ci rende molto attenti alle scelte della job title che ci accompagnerà, forse per sempre. Di certo viviamo in un’epoca in cui differenziarsi è importantissimo, in cui il rischio di omologarsi è percepito come una grave perdita di identità e quindi siamo alla costante ricerca di un’originalità che ci distingua. E da qui nasce un ricorso a scelte creative ed originali su tutti i fronti.
Ma, abbandonando per un attimo le disamine psicologiche, soffermiamoci su quello a cui la job title serve, al giorno d’oggi.
Serve ad identificare il nostro lavoro, la nostra posizione in azienda, il nostro posizionamento gerarchico, le nostre attività principali. Quindi, in questo senso, serve a quello a cui è sempre servita. Ma diversamente rispetto al passato e in un’ottica di presenza sul web sempre più forte, serve ad essere cercati e trovati e diventa anche una fondamentale (probabilmente la più importante), parola chiave professionale che ci identifica.
Troppo spesso, chi su Linkedin sceglie qualche definizione fantasiosa per descriversi, sottovaluta o addirittura ignora il fatto che sarà più difficile essere scovati e trovati perchè il primo meccanismo di indicizzazione sul web, passa attraverso la somiglianza tra le parole chiavi che usiamo per cercare e la job title che abbiamo usato.
Ed allora, se proprio non è una scelta quella di essere cercati e trovati (ma allora, verrebbe da dire, perchè esserci?), forse la soluzione più razionale è quella di usare job title più semplici, magari meno originali ma proprio per questo più efficaci. E quindi forse, come Lucio Dalla ci spiegava già nel 1977, “l’impresa eccezionale dammi retta è essere normali”.