La produttività secondo Usain Bolt

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il nemico peggiore della produttività e del successo dei nostri progetti è la distrazione.

Le distrazioni costano: passare momentaneamente da un’attività ad un’altra – controllare la posta elettronica o rispondere ad una telefonata. – aumenta di almeno il 25% il tempo necessario a completare l’attività iniziale; tale fenomeno è noto come “switching time”. E’ molto più indicato focalizzarsi completamente su di un’attività per 90 / 120 minuti, prendersi una pausa, e poi passare all’attività successiva. Bisogna pensare a queste sessioni di lavoro come agli scatti di un centometrista.
Ecco allora cosa può insegnarci sulla produttività il centrometrista giamaicano più veloce del mondo, Usain Bolt:

1. DEFINIRE UN TRAGUARDO

Un centometrista ha bisogno di un traguardo ben definito verso cui correre. Per aumentare la nostra produttività dobbiamo definire obiettivi altrettanto chiari. Stabilire fin da subito quale risultato si intende raggiungere al termine della sessione di lavoro / studio. Questo traguardo fungerà da punto di riferimento per la mente e ci permetterà di focalizzarsi maggiormente.

2. ELIMINARE LE DISTRAZIONI

Quando si deve svolgere un compito che richiede un certo impegno spesso il cervello tende a cercare una scappatoia verso un attività più piacevole… Per rendere la sessione di lavoro o di studio più produttive possibili bisogna assolutamente eliminare le distrazioni. Ecco alcune idee:

  • Scollegare internet.

  • Elimina le notifiche. Pop-up, Sms, IM, notifiche e-mail sono ottimi esempi di armi di “distrazione” di massa.

  • Se si sta lavorando ad una presentazione, è opportuno chiudere tutti i programmi presenti nella barra delle applicazioni. Se si lavora con Windows, possiamo utilizzare Ghoster per oscurare tutte le applicazioni aperte, tranne la finestra attiva.

3. UTILIZZARE UN TIMER

Usain Bolt non corre contro i suoi avversari. Corre contro i numeri sul display, posizionato poco dopo il traguardo. Quel timer, che scandisce inesorabilmente il passare del tempo, è

4. NON PENSARE

Un centometrista non pensa di dover correre i cento metri: li corre e basta. L’unico modo per essere veramente produttivi è quello di concentrarsi sul fare, o meglio… non pensarci affatto.

5. PAUSE

Concluso il lavoro, prenditi una pausa, ma che sia vera. E’ importante staccare, rinfrescare la mente. La qualità del nostro prossimo lavoro può dipendere dalla qualità della pausa.

 

SOFT SKILLS: IL VALORE DELLE COMPETENZE TRASVERSALI NEL PROCESSO DI SELEZIONE

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Come riconoscere le competenze che fanno la differenza in un mercato del lavoro in continua evoluzione?

Negli ultimi anni abbiamo assistito a importanti cambiamenti e rivoluzioni degli scenari lavorativi. Se fino a trent’anni fa le aziende erano numericamente limitate ed offrivano stabilità del posto di lavoro e passaggi semiautomatici di carriera oggi la situazione si è capovolta: in un mercato del lavoro sempre più globale e interdipendente si assiste ad una calzante e continua evoluzione con la conseguente nascita di posizioni lavorative prima sconosciute e compiti lavorativi sempre più variegati e legati alla complessità del sistema. Questa trasformazione e la conseguente instabilità che ne deriva richiede necessariamente dei cambiamenti da parte di tutti gli attori coinvolti.

Requisiti necessari diventano la capacità di sapersi adattare a lavori diversi da quelli prospettati dal titolo di studio nonchè la capacità di gestire la complessità e l’instabilità stessa del sistema.

In una realtà lavorativa caratterizzata dal cambiamento e dalle relazioni non è più sufficiente essere esclusivamente possessori di conoscenze specialistiche e competenze tecniche specifiche ma è divenuto necessario sovrapporre a queste Hard Skills le cosidette Soft Skills o abilità trasversali.

Definire le Soft Skills

Il termine Soft Skills fa riferimento ad una serie di abilità di carattere cognitivo, sociale, emotivo e relazionale, che consentono di affrontare al meglio le esigenze e i cambiamenti che la vita quotidiana presenta. Rappresentano l’insieme delle abilità personali necessarie per mettersi in relazione con gli altri, utili per far fronte alle richieste dell’ambiente affrontando i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana. Queste abilità, che sotto molti aspetti si intrecciano e si sovrappongono, comprendono tutti quei comportamenti e atteggiamenti che hanno un impatto positivo nella vita personale e professionale di un individuo come la capacità di prendere decisioni in modo consapevole, risolvere problemi e sapersi relazionare in modo positivo e costruttivo.

Le Soft Skills “al lavoro“

In questo periodo storico le Soft Skills si collocano come strumenti indispensabili per affrontare al meglio gli scenari lavorativi. Possedere le fondamentali abilità cognitive, sociali, emotive e relazionali è elemento predittivo di buone prestazioni professionali e si traduce in un incremento delle perfomance lavorative.

All’interno dell’attuale contesto lavorativo alcune Soft Skills assumono particolare importanza:

1- Soft Skills cognitive: ovvero le abilità relative al nostro modo di ragionare. Un esempio è l’abilità di problem solving ossia la nostra capacità di risolvere problemi di qualsiasi natura in modo efficace, rapido e creativo tenendo conto del contesto, delle persone coinvolte e resistendo allo stress che comportano. Avere una mentalità aperta e flessibile è un’altra abilità necessaria per rispondere alle richieste di un ambiente lavorativo in continuo cambiamento, inoltre ci predispone all’ascolto e quindi agevola le relazioni interpersonali. Anche il pensiero critico è una Soft Skills importante in ambito professionale: sapere analizzare le situazioni in modo autonomo ed elaborare le informazioni senza lasciarsi persuadere o influenzare dagli altri ci consente di attivare le risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi.

2- Soft Skills socio-emotive: ovvero le abilità riguardanti il modo con cui gestiamo le nostre emozioni e con cui instauriamo, gestiamo e manteniamo le relazioni interpersonali. Nel contesto lavorativo saper gestire le proprie emozioni, saper comunicare in modo efficace tenendo conto del contesto e degli attori coinvolti, essere empatici e ascoltare gli altri senza pregiudizi cercando di comprendere i diversi punti di vista ci consente di instaurare relazioni armoniose con i colleghi, elemento basilare per la creazione di team work efficienti e collaborativi.

3- Soft Skills realizzative: traduciamo in azione ciò che pensiamo? La tendenza a prendere iniziativa, essere ambiziosi e propositivi, orientati al risultato e all’obiettivo ci consente di ottenere risultati brillanti e ottime performance in termini professionali. Avere buone capacità organizzative, di pianificazione, sapersi assumere le proprie responsabilità, essere energici entusiasti e capaci di automotivarsi e motivare gli altri è la base per costruire squadre di lavoro orientate al raggiungimento di obiettivi comuni.

4- Soft Skills Manageriali: ovvero le competenze chiave per essere un buon leader. La capacità di comunicare in modo efficace , l’ascolto attivo e saper essere un buon mediatore sono solo alcune delle competenze necessarie per gestire e motivare un team di lavoro favorendo allo stesso tempo l’instaurarsi di buone relazioni.

Come valutare le Soft Skills in sede di colloquio?

Nel mondo del lavoro le Soft Skills rappresentano il vero valore aggiunto che una persona possa esprimere.

Per questo motivo stanno acquisendo un’importanza basilare nei processi di selezione e sono uno tra i più importanti fattori decisivi legati alla scelta del candidato.

Per valutare queste abilità in sede di colloquio è possibile ricorrere a domande comportamentali che riguardano situazioni di vita reale e ipotetica. Queste domande rappresentano una strada efficace poichè ci consentono di ricavare diverse informazioni preziose sul candidato: il suo modo di ragionare, di comprendere e gestire le emozioni, di raccontarsi in modo sintetico ma chiaro e strutturato o la capacità di saper imparare dal passato.

Esempi di domande per valutare le Soft Skills:

Situazioni di vita reale:

1- Descrivi una volta in cui hai avuto un problema con il tuo superiore, in che modo l’hai affrontato? Come ti si sentito?

2- Qual è il miglior leader con cui hai lavorato?Perchè pensi sia stato il migliore e cosa hai imparato da lui?

3- Che tipo di strategie utilizzi per motivare il gruppo?

4- Hai mai fatto un errore? Come l’hai risolto?

5- Hai mai affrontato una situazione difficile con un cliente o un fornitore?

6- Qual è stata la cosa più difficile che hai fatto durante la tua ultima esperienza di lavoro?

7- Quali sono le condizioni lavorative più stressanti che ricordi? Per quale motivo?

Situazioni ipotetiche:

1- Come ti comporteresti se due clienti ti chiedessero di organizzare un appuntamento per lo stesso giorno alla stessa ora?

2- Come affronteresti il compito di organizzare un progetto complesso?

3- Come potresti sentirti se scoprissi di non piacere al tuo gruppo di lavoro?

4- Cosa porteresti con te se dovessi andare su un isola deserta?

5- Come affronteresti una situazione nella quale il tuo capo si assumesse sempre il merito delle tue scoperte?

6- Come ti sentiresti se scoprissi di non aver ragiunto il budget di vendita prefissato?

7- Se il tuo capo ti chiedesse di svolgere un lavoro che esula dalle tue mansioni come ti sentiresti? Quale sarebbe la tua reazione?

Lavoropiù Supporter del Parma Calcio 1913

Continua l’attenzione di Lavoropiù verso il mondo del calcio italiano. Lavoropiù SpA è Supporter del Parma Calcio 1913 per la Stagione 2016/2017 in Lega Pro, serie C. Con questa collaborazione, che dura ormai da tre anni, Lavoropiù SpA incrementa e conferma il sostegno attivo alle realtà sportive nazionali, investendo in un territorio, quello parmense, molto importante per il business e lo sviluppo commerciale.

Lavoropiù è sponsor di Teatro Europauditorium e Teatro Il Celebrazioni di Bologna

Il Teatro Europauditorium e il Teatro Celebrazioni riaprono i battenti con una programmazione artistica ampia e variegata per l’intera stagione 2016/2017, offrendo commedie di autori nazionali e internazionali, grandi classici della più importante tradizione teatrale, entusiasmanti performance con frontman d’eccezione e, spettacoli musicali e balletti con grandi personaggi del settore. Le stagioni teatrali sono state presentate ufficialmente in conferenza stampa con tre ospiti d’onore; Virginia Raffaele, Giuseppe Giacobazzi e Vito.

Lavoropiù SpA è lieta di promuovere e sostenere attivamente i due Teatri che rendono la città di Bologna un bacino sempre più ricco di cultura, arte e valori.

Mi chiamo Renato – I 90 anni Rock&Gol dello stadio di Bologna

Lavoropiù ha ricevuto in anteprima esclusiva Il DVD del docu-film “Mi chiamo Renato”, che sarà in vendita in allegato all’edizione bolognese del quotidiano LA REPUBBLICA da SABATO 10 SETTEMBRE. Il film che racconta la storia dello stadio Dall’Ara, in occasione del suo 90esimo compleanno, è stato ideato dal giornalista di Repubblica Emilio Marrese che lo ha scritto insieme al regista Paolo Muran e allo sceneggiatore Cristiano Governa con la collaborazione di Genoma Films e WildLab Multimedia. Lavoropiù sempre sensibile a tutto ciò che concorre allo sviluppo artistico, culturale e sociale del territorio in cui opera ha contribuito alla realizzazione del film ed i suoi uffici sono diventati dei veri e propri set per le riprese di alcune scene.

Link al trailer del film:

 

 

 

 

 

Fashionpiù partecipa ad Intertex Milano/Ready To Show

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Il Team di Fashionpiù è presente all’Intertex Milano/Ready To Show, il nuovo hub espositivo per il settore tessile e accessori. La Fiera offre ai visitatori italiani ed internazionali una selezione di tessuti e di terzisti-partner di produzione sia internazionali, che made in Italy nell’Area Italia.

 

 

 

Evaluating talents: due domande fondamentali

Quando parliamo di processi di TALENT EVALUATION, che siano essi legati ad attività di selezione o deployment le principali domande cui dare risposta sono in ogni caso due:

WHAT (cosa) & HOW (come) devo esaminare?

Le due domande sono state sviscerate in maniera interessante all’interno di un recente articolo pubblicato sulla rivista della Harvard Business School [1] che si poneva l’obiettivo di segnalare l’evoluzione che il digitale ha apportato alle tecniche di reclutamento. L’obiettivo in questa sede è quello di riportarne i punti salienti al fine di una visione più completa dei processi di selezione e sviluppo del personale, delineando una base teorica e pratica che possa servire come guida nel nostro operato quotidiano di selezionatori.
La domanda WHAT è in parte context-dependent, ovvero non è possibile traslarla su ruoli diversi (i.e. le competenze e conoscenze richieste per ricoprire in maniera efficace il ruolo di cardiochirurgo sono piuttosto differenti da quelle di un banchiere, avvocato o software developer); tuttavia c’è anche una componente legata a determinate universal characteristics che sono associate ai dipendenti in forza, indipendentemente dal proprio lavoro o ruolo. Tra questi in primis l’obiettivo è identificare i best learners e i problem solvers, ovvero risorse che tendenzialmente riescono ad aver buone capacità di apprendimento e sono maggiormente abili nel portare a termine i propri compiti. In secondo luogo è importante l’individuazione di coloro che sono maggiormente propensi a lavorare duramente, ovvero gli hardworkers che presentano un alto livello di dedizione lavorativa. Infine cercheremo di identificare coloro che sono most rewarding nella relazione agita, cioè le persone con cui – all’interno di una data interazione lavorativa – risulti maggiormente piacevole e soddisfacente collaborare.
Queste tre dimensioni relative ad employability e career success sono fortemente collegate a dei macro-tratti psicologici. Di fatti la prima fa riferimento alle dimensioni di Intelligenza (così come misurata all’interno dei test del QI), curiosità e stili di decision-making; la seconda abbraccia l’area motivazionale e la dimensione dell’ambizione; la terza l’intelligenza emotiva e le social skills.
Considerato quanto sopra, i dipendenti riconosciuti come più smart, nice e hardworking rispetto ai loro colleghi saranno coloro che sul lavoro si mostreranno maggiormente esigenti (lato deployment) e “ricercati” (lato recruiting).
La risposta alla domanda HOW trova diverse possibilità di soluzione grazie all’innovazione che vi è stata nel corso degli ultimi cinque anni in ambito talent identification. Soluzione per lo più connessa alla digital revolution e all’ubiquità degli smartphone. In particolare tre sono gli approcci meritevoli di analisi, data la loro potenzialità nel “quantificare” il talento predire la job performance.
1. Behavioral analytics. Alcune organizzazioni procedono al talent assessment attraverso il monitoraggio e la misurazione quotidiani delle attività svolte dai propri dipendenti. Di queste esempio chiave sono i grandi call-center: per anni si è tenuta traccia della quantità di telefonate, della durata dei break e del customer rating successivo ad ogni chiamata. Al giorno d’oggi questa metodologia di raccolta, a tratti esasperata, di dati quantitativi e scarsamente qualitativi, viene applicata in forma più o meno strutturata e complessa a diversi ambiti organizzativi producendo una quantità di dati impressionante che spesso le organizzazioni stesse non sono in grado né di gestire, né tantomeno interpretare. È in questa sede che nascono allora gli algoritmi: nel momento in cui l’essere umano demanda alla macchina la gestione e l’interpretazione dell’informazione al fine di creare diagnosi a livello individuale, di gruppo, organizzativo. La grande versatilità e la potenzialità degli algoritmi permette senza dubbio la creazione di risposte semplici e lineari, facendo chiarezza nell’individuazione dei talenti interni, dal momento che – anche dal punto di vista legale – le organizzazioni hanno facoltà di raccogliere dati finalizzati al perfomance assessment. Uno sviluppo interessante è in tal senso quello applicato da alcune multinazionali (come, ad es. PepsiCo) che sfruttano i dati per creare dei profili dei loro impiegati risultati “most successful” ed utilizzarli a scopo selezione. Il neo di questo approccio è evidente: il rischio di standardizzare in maniera eccessiva la performance lavorativa riconducendola alla mera raccolta di indicatori oggettivi e profilare i dipendenti in base al risultato di complessi algoritimi rischia di ridurre in modo drastico le componenti (fondamentali) legate agli aspetti relazionali, sociali e di creatività lavorativa. Per questo è fondamentale tenere a mente quelle universal characteristics emerse nel rispondere alla domanda WHAT e far sì che l’agito organizzativo – quindi la valutazione della performance – sia esito di un ponderato compromesso.
2. Web scraping. Gli algoritmi sono utilizzati anche per tradurre in dati quantitativi le attività che gli individui agiscono sul web e sui social media allo scopo di stimarne il potenziale in ambito lavorativo e fare un eventuale matching individuo-azienda. Studi recenti [2] hanno messo in evidenza come questa metodologia possa aiutare nella stima di QI e tratti di personalità, presentando livelli di accuratezza pari a ca. il 50% se messa a confronto con i risultati ottenuti tramite test scientificamente validati. Dalle “impronte digitali” lasciate sul web dai candidati è di fatto possibile raccogliere numerose informazioni sia di tipo professionale, deliberatamente messe inseme e pubblicate (es. su LinkedIn), ma anche commenti, foto, video pubblicati da altri (il che ha dato origine a una serie di siti specializzati in online reputation, attivi nel monitoraggio e “pulizia” dei contenuti non desiderati). Negli Stati Uniti la pratica del web scraping ha preso una piega decisamente eccessiva, tanto che in alcuni casi ai candidati arrivati a step finali nel processo di selezione, come parte del vetting process, è stato addirittura richiesto di condividere con l’azienda le password dei propri social media. Implicazioni etiche e legali della richiesta sono palesi, tanto che almeno 23 Stati in U.S.A. hanno introdotto norme legislative atte a contrastare o quantomeno moderare tale pratica. Tuttavia l’ostacolo è facilmente aggirabile, considerata la facilità con cui è possibile sui social media reperire informazioni sia di tipo individuale che aggregato, attraverso app  e algoritmi specifici che permettano agli utenti di condividere dati in maniera volontaria (tralasciando in questa sede la discussione sul fatto che tale volontarietà sia o meno consapevole). Anche in questo caso, come nel precedente, un ruolo fondamentale viene demandato al recruiter che detiene l’obbligo (se non morale, quantomeno etico) di trattare le informazioni “sgraffignate” online con il dovuto rispetto e la dovuta attribuzione di peso ai fini della valutazione individuale. Il fatto che l’informazione sia disponibile online e fruibile in maniera gratuita, non significa che sia il tipo di informazione di cui abbiamo bisogno o che questa riesca a darci una chiave di lettura reale / realistica della persona cui l’informazione si riferisce. Limitarne l’utilizzo ed integrarla all’interno di un accurato processo di selezione appare perciò in questa sede la soluzione professionalmente più adeguata.
3. Gamification. Nel contesto della selezione del personale il termine sta ad indicare la creazione di test di personalità e QI che siano “divertenti” da svolgere. L’assessment del personale ha fatto in tal senso numerosi passi in avanti, fornendo diversi spunti per la creazione di strumenti e modalità di misurazione che prescindessero dalle classiche e noiose batterie: risolvere enigmi, portare a termine delle sfide, accumulare punti e medaglie. L’obiettivo è quello di massimizzare la user experience in modo da incrementare le response rates. Offrendo la possibilità di completare in maniera semplice e gratuita questi test ad alto contenuto di intrattenimento online, fornendo agli utenti feedback istantanei, le aziende hanno acquisito la possibilità non solo di attrarre volontariamente le risorse ad effettuare test di valutazione, ma hanno anche acquisito in maniera gratuita e volontaria informazioni determinanti ai fini della valutazione personale. IKEA e Deloitte sono alcune tra le grandi realtà che si sono affidate a questo tipo di assessment in fase di valutazione dei potenziali candidati. Ovvio che ancora molto c’è da fare per colmare l’attuale gap tra “divertimento” e “accuratezza” di tali strumenti, senza considerare il fattore costi – decisamente maggiori rispetto allo sviluppo di un test standard – che costituirebbe senza dubbio un capitolo a parte. Tuttavia la forte componente di attivazione emotiva e cognitiva che li contraddistingue, rende questi strumenti interessanti dal punto di vista sia di selezione e sviluppo HR (aiutando a mappare e identificare una vasta platea di candidati potenzialmente interessanti) sia di employer branding (rendendo l’azienda un posto attraente agli occhi del candidato, in cui è effettivamente possibile lavorare divertendosi).
La domanda più logica da porre in questa sede – quanto questi strumenti siano in grado di competere e dare risultati validi rispetto alle metodologie tradizionali? – è di difficile soluzione, soprattutto data la “giovinezza” degli strumenti implicante l’assenza di una mole rilevante di studi scientifici indipendenti che pongano il problema in maniera critica e che riescano a valutarne in maniera longitudinale l’efficacia predittiva. Valutazioni in termini di costi, ma soprattutto in termini etici e di user experience restano una parte fondamentale su cui le aziende, nella figura di selezionatori e HR Manager, devono interrogarsi mantenendo il focus sull’individuo in quanto tale, nella sua totalità personale e lavorativa al fine di creare uno strumento che non produca dati, ma valore.

[1] Tomas Chamorro-Premuzic T. “3 Emerging Alternatives to Traditional Hiring Methods”; HBR June 26, 2015
[2] Kosinski M., Stillwell D, and Graepel T. “Private traits and attributes are predictable from digital records of human behavior”;Edited by Kenneth Wachter, University of California, Berkeley, CA, and approved February 12, 2013 (received for review October 29, 2012)