Lavoropiù corre insieme a 9,92 Running

Lavoropiù è Gold Partner dell’Associazione 9,92 Running, confermando l’attenzione e il sostegno a realtà sportive locali che qualificano il territorio.

9,92 Running A.S.D. è l’evoluzione naturale di “9,92 Running”, un gruppo Facebook nato a Novembre del 2014 che raccoglie oggi più di 3700 iscritti da tutta Italia.
Il gruppo Facebook, nato da una gag sul mancato raggiungimento dei 10 Km di corsa durante un allenamento, ha presto raccolto moltissime adesioni di atleti amatoriali che hanno iniziato a postare fotografie dei loro orologi GPS riportanti i fatidici 9Km e 920 metri accompagnate da altrettanto simpatici “selfie”.
Il movimento 9,92 nato tra le colline bolognesi è oggi radicato in molte regioni italiane ed è diventato un vero e proprio esercito di runner che presenziano le più importanti e prestigiose Maratone e Mezze Maratone in Italia ed all’estero, sempre in un clima di amicizia, festa ed allegria, dove la corsa è parte del divertimento e la condivisione della passione è l’altro fondamentale tassello.
Team 9,92 A.S.D. ha lo scopo di concretizzare le presenze spesso massicce di aderenti alle manifestazioni sportive e convogliare la partecipazione di tante persone provenienti da tutta Italia, sotto una unica Associazione Sportiva che possa agevolarne i tesseramenti e le iscrizioni e possa garantire ai suoi Associati una buona organizzazione ed assistenza alle gare.

Nella foto Lorenzo Forni, Presidente di 9,92 Running A.S.D. e Matteo Naldi, Direttore Marketing di Lavoropiù.

Land Art: stupore e meraviglia

Per i non addetti ai lavori, l’arte contemporanea può essere percepita come una caotica accozzaglia di idee strambe, dall’oscuro significato e dalle dubbie utilità. Il nostro gusto avvezzo alla bellezza di Raffaello ed educato alle impeccabili proporzioni di Palladio, fatica ad accogliere come artistiche dimostrazioni che non hanno alcun carattere estetico o edonistico.
Sono consapevole che alcuni prodotti dell’arte contemporanea possano sembrare incomprensibili, alcuni probabilmente lo sono, ma per capire l’arte bisogna comprendere le ragioni che le stanno dietro e indagare nell’universo personale dell’artista per scoprire che nulla è fatto per caso e che ogni singola produzione ha un valore ben preciso.
A partire dagli anni ’60 una rivoluzionaria libertà interpretativa travolge il mondo dell’arte, che elabora nuovi codici di espressione e di comportamento. Una corrente artistica conosciuta come Arte concettuale sancisce una profonda rottura con quelli che erano stati fino ad allora i modelli esecutivi convenzionali, vengono infranti i confini tradizionali della pittura e della scultura, e nasce una nuova concezione dell’arte che rifiuta di identificare il lavoro dell’artista con la produzione di un qualsiasi oggetto estetico ma che privilegia l’idea, il processo mentale che precede l’esecuzione e che diviene quindi più importante dell’opera stessa.
Nell’alveo di questo clima culturale in fermento, nella California hippy e naturalista, da una branca dell’arte concettuale nasce il movimento Land Art.
Un movimento rivoluzionario che ha reso la natura un’opera d’arte. I motivi di protesta e le modalità per molti casi ricordano la Street Art. Nella Land Art infatti, le principali accuse sono rivolte verso il sistema, verso le istituzioni, e in questo caso cercano di impiantare uno stile di vita naturale e sostenibile.
I Land-Artist si distaccano in maniera netta dal concetto classico del fare arte e dall’obbligo di dover esporre esclusivamente all’interno di musei e utilizzano il paesaggio come materia da plasmare, come una tela sulla quale esprimere la propria verve. Si interviene direttamente sullo spazio esterno modificandone l’aspetto mediante interventi temporanei. L’opera che ne deriva è effimera, destinata a scomparire e a non preservarsi nel tempo per sfuggire al collezionismo da salotto.
Una coppia di artisti, conosciuta sotto lo pseudonimo di Christo, si è particolarmente distinta in questo campo, interpretando in maniera sorprendente questa nuova forma di pensiero. Christo è il progetto artistico comune dei coniugi statunitensi Christo Vladimirov Yavachev (Gabrovo, 13 giugno 1935) e Jeanne-Claude Denat de Guillebon (Casablanca 13 giugno 1935 – New York, 18 novembre 2009).
I due, nati lo stesso giorno, alla stessa ora, si incontrano nel 1958 a Parigi quando Jeanne-Claude commissiona a Christo un ritratto della madre. La loro relazione inizia solo più tardi, quando Jeanne-Claude lascia il marito, Philippe Planchon, dopo la luna di miele poiché resasi conto di essere incinta dell’artista Christo. L’11 maggio 1960 nasce Cyril e in quell’anno danno vita ad un sodalizio che li unirà nella produzione artistica e nella vita.
Spaziando tra l’urbanistica, la scultura, l’ingegneria e la performance artistica, hanno realizzato stranissime e appariscenti installazioni in giro per il mondo ideando un linguaggio visuale poetico e di forte impatto. L’arte per la quale sono divenuti celebri è senza alcun dubbio quella degli impacchettamenti. Monumenti storici, palazzi, ponti e porzioni di paesaggi naturali vengono letteralmente coperti da chilometri di teli colorati. L’intuizione creativa consiste nell’evidenziare qualcosa nascondendola.
Ma perché? Qual è il significato?
Sicuramente vi è la volontà di celare l’oggetto che impacchettato e nascosto, in realtà viene risaltato e nobilitato, acquisisce quel gusto enigmatico, e suscita nello spettatore stupore, immaginazione e curiosità. Le bellezze che ci circondano, ma di cui siamo assuefatti, vengono così riconsiderate e viene proposta una nuova visione della realtà. Accanto a questo gioco di prestigio, vi è una ricerca volta a dare un nuovo valore e una nuova percezione estetica ai soggetti scelti, infatti gli impacchettamenti si colorano di tonalità sfavillanti, ocra, fucsia e arancio e creano un distacco cromatico rispetto al contesto, esaltandone così la trasformazione in chiave contemporanea. Le installazioni sono tutte temporanee, destinate ad essere cancellate ad una data prefissata; provvisorie sono naturalmente anche le modifiche al paesaggio che non alterano o deturpano la natura, infatti una forte coscienza ambientale ed ecologica li ha sempre spinti a scegliere materiali di scarto dell’industria, riciclati e riciclabili, e a condurre preventivamente accurati studi del territorio sul quale intervenire per valutare l’impatto ambientale e la fattibilità di ciascuna opera.
Uno degli esempi più riusciti di tale approccio creativo è certamente l’impacchettamento del Reichstag di Berlino, un progetto nel quale il duo impiegò 100.000 metri quadrati di propilene, un infinito strato di alluminio ed oltre quindici chilometri di corda. L’opera ha richiesto 24 anni di discussioni, lettere ufficiali e incontri ufficiosi, fino al giugno del 1995, quando una squadra formata da 90 arrampicatori e 120 operai realizzò l’imballaggio del Parlamento tedesco. L’opera durante le tre settimane di permanenza richiamò oltre cinque milioni di visitatori.
Il 7 Maggio del 1983 nella baia di Biscayne a Miami realizzarono l’installazione “Surrounded Islands”. È un’opera che stupisce semplicemente nel vederla in fotografia. Undici isole sono state circondate da 603.850 metri quadrati di tessuto di polipropilene rosa, adagiato sulla superficie dell’acqua, fluttuando tra le onde del mare, che si estende per 61 metri all’esterno del perimetro di ciascuna isola. Il colore della sabbia bianca, dell’azzurro del mare, del verde chiaro della vegetazione, entra in contrasto e nello stesso tempo si armonizza con il contorno rosa brillante e luminoso delle isole. Sembra impossibile anche solo immaginare un’opera del genere, ancor più impossibile realizzarla. Christo e Jeanne- Claude ci hanno regalato questa immagine che colpisce, meraviglia, e lascia senza parole per tutta la sua grandiosità e unica bellezza.
Anche L’Italia è stata palcoscenico dei loro stravaganti lavori. Nel 1970 ottennero il permesso di impacchettare per due giorni il monumento a Vittorio Emanuele davanti al Duomo di Milano. Fu usato un tessuto in polipropilene fissato con una fune rossa. Nel ’74 venne il momento di Roma e il duo ricoprì interamente le mura di Porta Pinciana. Nel 1985 venne impacchettato da un telo di poliestere giallo ocra il più vecchio dei ponti parigini, il Pont Neuf.
The Gates è una delle ultime installazioni realizzate insieme (prima della morte di Jeanne-Claude nel 2009). Nel febbraio del 2005, precisamente dal 12 al 27, Christo e Jeanne-Claude hanno realizzato al Central Park di New York un progetto grandioso, altamente scenografico, già presentato nel 1979 e all’epoca respinto dall’amministrazione di New York. L’opera si compone di 7.503 porte di vinile, alte quasi 5 metri e sormontate da pannelli di tessuto color zafferano, posizionate a comporre un percorso lungo 37 km all’interno del parco. Ammirata dagli edifici con vista su Central Park, The Gates era simile ad un fiume color zafferano, mentre le persone che hanno avuto la fortuna di camminare sotto i portali hanno provato la meraviglia di trovarsi un soffitto dorato e fluttuante sopra la testa.
Tutte le opere sopracitate sono state autofinanziate. Per assicurarsi la loro libertà creativa e non doversi piegare a condizionamenti esterni hanno messo a punto un modello economico che li ha resi autonomi e svincolati da soggetti esterni, quindi niente sponsor e niente finanziamenti pubblici. Tutti i loro progetti sono stati sempre realizzati grazie alle vendite delle bozze e dei disegni preparatori.
Ma veniamo all’ultima opera visionaria realizzata da Christo, The Floating Piers, che vede gli occhi del mondo puntati sul nostro territorio.
Più che un’opera, è una delle maggiori e stupefacenti installazioni d’arte contemporanea a cielo aperto mai realizzate al mondo. Per dimensioni supera tutte le precedenti e consiste nella creazione di una passerella galleggiante lunga più di 4 km che consente di attraversare a piedi un tratto del lago Iseo, permettendo alle persone di camminare letteralmente sulle acque. Per soli 16 giorni e per la prima volta nella sua storia, il percorso, dal 18 giugno al 3 luglio, collega Sulzano, un paese sulla sponda bresciana del lago d’Iseo, alle isole di Monte Isola – la più grande isola lacustre italiana – e di San Paolo (di proprietà della famiglia Beretta). L’opera è composta da una sequenza modulare di pontili galleggianti, costruiti con 200mila cubi di polietilene ad alta densità, larghi 16 metri e ricoperti da 70 mila metri quadrati di scintillante tessuto di colore giallo cangiante.
L’opera è l’acqua, il cielo, le montagne, il verde dei boschi. L’idea di Christo si integra a questi elementi della natura che sono sotto i nostri occhi ogni giorno ma che non vengono percepiti pienamente nella loro bellezza. Il progetto ci offre una nuova visione di questo paesaggio e permette a chiunque di viverlo in un nuovo modo decisamente più emozionante.
The Floating Piers è stato concepito per essere ammirato dall’alto delle montagne che circondano il lago, dalle strade ma anche dalla barca e, ovviamente, passeggiando sui pontili stessi.
Camminare sulla passerella vuol dire entrare in contatto con tutta una serie di sensazioni altrimenti impossibili da provare: il dondolio delle onde e la brezza fresca. Ci da la possibilità di osservare il lago sotto altre prospettive, godendo di punti di vista magnifici. L’idea della passerella galleggiante era sbocciata nelle loro teste tanti anni fa. Avevano tentato di realizzarla prima a Buenos Aires negli anni ’70, sul Rio de la Plata, poi sulla Baia di Tokyo per collegare due isole artificiali. In entrambi i casi i due artisti si scontrarono con ostacoli insuperabili e non ottennero mai i permessi. Christo però non abbandona l’idea di poter camminare sull’acqua e ad 80 anni, ancora pieno di creatività ed energia decide di rimettersi in gioco e di concludere la sua carriera con un capolavoro che è il sogno di una vita. È un po’ come la chiusura del cerchio di un cammino iniziato decenni fa insieme alla compagna di vita e di arte Jeanne-Claude.
Nel 2014 comincia a studiare ed esplorare i laghi in giro per il mondo e nel 2015 giunge al lago d’Iseo dove trova un vasto e pacifico specchio d’acqua ma soprattutto, e con grande stupore da parte mia, un’apertura da parte dei sindaci lombardi che accolgono con curiosità ed entusiasmo il progetto e danno il via libera alla performance. Complice Germando Celant, storico dell’arte e grande amico di Christo, che è riuscito ad ottenere la collaborazione delle varie amministrazioni e ha fatto in modo che il progetto prendesse vita e diventasse realtà.
Dietro la realizzazione di Floating Piers, c’è un lavoro di progettazione enorme, come del resto per tutte le altre installazioni passate, che ha coinvolto per un anno l’impegno di un intero team di professionisti. Citando Christo: “Non è come per un architetto che sa come costruire grattacieli, ponti e autostrade. Progetti di questo genere non sono mai stati fatti da nessuna parte. Dobbiamo trovare i professionisti giusti che abbiano voglia di essere coinvolti in un’idea che è molto semplice, ma differente”.
Per concludere, Floating Piers può essere considerata arte? Per molti critici non lo è, ma tornando alle prime righe di quest’articolo, per capire l’arte bisogna andare oltre il prodotto artistico e focalizzarsi sui moti creativi che animano un artista. Per Christo l’arte è sicuramente stupire, trasformare, dare una visione diversa del mondo da quella a cui siamo abituati. Il risultato è un temporaneo cambiamento del mondo sensibile. Forse non è Arte ma di sicuro un grande spettacolo.

FAQ intra legem – il lavoratore domanda…

IL LAVORATORE DOMANDA:

Sono in possesso di un certificato medico di malattia con prognosi di 15 giorni ed ho comunicato al mio datore di lavoro il relativo numero di protocollo. E’ possibile un rientro anticipato al lavoro, dal momento che le mie condizioni di salute sono migliorate?

Il datore di lavoro potrebbe consentire il rientro anticipato al lavoro rispetto alla prognosi originaria solamente qualora il medico certifichi l’avvenuta guarigione con ulteriore attestazione medica.

Forza = Massa x Accelerazione. La storia di due donne la cui Forza va oltre il tempo

Forse non tutti conoscono la seconda legge della dinamica che definisce la Forza come il prodotto tra una Massa e un’Accelerazione.
Forse però tutti si staranno chiedendo che cosa c’entra la seconda legge della dinamica con questa rubrica.
Per capirlo, anche questa volta dobbiamo raccontare 2 storie…
La prima storia è quella di Vivian Maier, nata nel 1926 da padre americano di origine austriaca e mamma francese. Vivian è una donna comune che di mestiere fa la tata e ha la passione della fotografia. Erano anni in cui prima dell’arte bisognava pensare a come guadagnarsi il pane, è per questo che Vivian decide di crescere i figli degli altri, senza averne mai di propri, fino a spegnersi nel 2009 a seguito di una brutta caduta sul ghiaccio.
L’altra storia è quella di Margaret Keane, all’anagrafe Peggy Doris Hawkins, nata nel 1927, americana del Tennessee. Margaret è pittrice di professione e la caratteristica straordinaria dei suoi quadri sono i grandi occhi dei soggetti che ritrae.
Pur essendo una pittrice, per i primi 40 anni della sua vita non riesce ad avere successo… D’altronde, come dice suo marito Walter Keane, “l’arte fatta da una donna non vende”.
Entrambe le nostre protagoniste possiedono una Massa, intesa come abilità o passione da sviluppare… Quale è stata però la loro Accelerazione?
Si dice che una persona non muore finchè viene nominata e Vivian si consacra all’eternità nel 2007 quando John Maloof con ben 380 dollari si aggiudica il contenuto di un garage la cui proprietaria non pagava l’affitto da 2 anni. In quel garage John trova oltre 20 scatole di negativi non stampati, decide di svilupparli e si ritrova tra le mani le fotografie di Vivian Maier. La pubblicazione sulla piattaforma fotografica Flickr e la conseguente fama rappresentano l’Accelerazione di Vivian che diventa una delle artiste più apprezzate per quanto concerne la fotografia iconografica. È dall’incontro tra Massa e Accelerazione che nasce la Forza di questa donna, che noi oggi celebriamo.
Margaret Keane è invece più fortunata in principio, diciamo che ha già una buona Massa per poter avere una buona Forza: è una pittrice, piace al pubblico il suo modo di dipingere, Andy Warhol sarà uno dei suoi grandi estimatori… Negli anni Sessanta, per non perdere la figlia Jane e forse per amore, Margaret sposa Walter Keane  e i due iniziano a vendere i loro quadri insieme.
Il successo è immediato e da artisti di strada arrivano a godere degli agi e del lusso dei grandi artisti perchè il marito Walter vende i quadri, le foto dei quadri, le cartoline delle foto dei quadri a prezzi sempre più alti.
Ma il Keane che firma le opere costosissime e con i grandi occhi, per il pubblico e per gli acquirenti, è … Walter Keane.
La svolta arriva nel 1970: l’amore è cessato e il divorzio definito quando Margaret, ad una trasmissione radiofonica di Honolulu, afferma che quei quadri sono opera sua e non del marito Walter Keane. Lo scandalo avviene – ecco l’Accelerazione! – in un’aula di tribunale quando il giudice inviterà i due contendenti a dipingere un quadro. Margaret lo farà in 53 minuti, Walter addurrà un male alla spalla e rifiuterà la prova.
Il giudice, quindi, confermò che Walter Keane si era appropriato ingiustamente delle opere della moglie e confermò la “paternità” di Margaret.
Anche in questo caso l’Accelerazione sposta gli equilibri, stravolge il destino e crea una Forza, la  Forza di Margaret Keane.
A questo punto siamo in grado di comprendere che per ottenere Forza occorre ci siano entrambe le variabili Massa e Accelerazione.
Se la Massa è ciò che so fare, è la mia passione, l’Accelerazione è innescata dal ritmo e dall’impegno costante. Vivian e Margaret ci insegnano che le inclinazioni e le abilità, per quanto grandi e potenti, non bastano ad avere successo senza la determinazione e l’esercizio.
Le nostre protagoniste non hanno mai smesso di lavorare, di impegnarsi per farsi trovare pronte quando si fosse presentata l’occasione, il momento giusto.
Due artiste che il mondo, col suo moto uniforme, stava condannando all’oblio fino a quando gli atomi si sono mossi più velocemente, l’entalpia è cambiata e la loro Forza si è affermata grazie ad una Accelerazione.
Accelerare, cambiare ritmo al nostro vivere, è quindi fondamentale e a volte è possibile solo se dietro c’è passione genuina, quella passione che azzera ogni limite e rende possibile anche l’impossibile.

Lavoropiù si conferma Premium Partner del Bologna FC 1909

Sono ormai 9 anni che Lavoropiù sostiene e affianca il Bologna FC 1909.

Anche per la prossima stagione Lavoropiù metterà a disposizione le Hostess e gli Steward per le Aree Hospitality dello Stadio Dall’Ara, qualificandosi come partner di riferimento nella selezione e gestione di personale specializzato.

Matteo Naldi, Direttore Marketing di Lavoropiù, ritratto nella foto insieme al Responsabile dell’Area Marketing e Commerciale del Bologna, Christoph Winterling, sottolinea che “con orgoglio siamo al fianco del Bologna FC da ormai nove anni, nel bene e nel male. Due realtà leader assolute del mercato bolognese devono collaborare. Non può essere altrimenti.”

Per leggere il comunicato stampa divulgato dal Bologna FC clicca sul link

https://www.bolognafc.it/lavoropiu-premium-partner-del-bologna-fc-1909-anche-nella-stagione-2016-17/

 

 

io so che tu sai che io so… Come migliorare la gestione della privacy ai tempi di Linkedin

Il tema relativo alla privacy su internet è uno dei più delicati e complicati che ci siano.
Dare troppe informazioni di contatto o relative alla vita privata, rischia di essere molto pericoloso.
Questo perché quello che viene pubblicato sul web è senza ombra di dubbio di dominio pubblico, cioè alla portata di tutti.
Ma è vero allora che siamo tutti in pericolo? Oppure a volte tendiamo ad esagerare partendo da paure infondate?
Hai mai provato a fare una veloce ricerca del tuo nome e cognome su un motore di ricerca come Google, Bing o Yahoo? Potresti stupirti di quello che puoi trovare!
Di solito tra i primi due o tre risultati della ricerca compare la tua pagina LinkedIn.
Nel momento in cui hai il controllo di ogni tua attività sui social, del sito internet che gestisci e di quello che dicono gli altri di te o della tua azienda, allora i problemi di privacy si può dire che non sussistano.
Se invece ci si limita ad avere un profilo Facebook o LinkedIn compilato male e pieno di informazioni, di date da ricordare e di indirizzi e-mail, allora diventa ancora più facile per qualcuno usare i nostri dati personali per farci ciò che vuole. Ma analizziamo la situazione su LinkedIn.
Quello che rende la piattaforma di LinkedIn così unica rispetto ad altre è che pone in primo piano la persona a livello solo ed esclusivamente professionale.
Come tipologia di social network, LinkedIn può essere comparato a Facebook, infatti in entrambi il profilo personale è il fulcro di ogni attività, ma tra i due solo su LinkedIn si fa business.
Il motivo principale per cui questo social è nato è per dare modo ai professionisti di creare una rete di legami pensata per raggiungere obiettivi di business. Quindi si accede a LinkedIn per instaurare relazioni professionali e condividere argomentazioni di un certo rilievo.
Su questo social una persona può valutare attentamente senza problemi il profilo di chi gli richiede il collegamento, senza dover per forza accettare la sua richiesta. Tutto dipende da come siamo capaci di porci attraverso il profilo nei confronti di coloro che vengono a visitarlo.
Su LinkedIn abbiamo la possibilità di decidere direttamente dalle impostazioni del profilo cosa e come mostrarci a chi visita la nostra pagina. Possiamo ad esempio evitare che una persona qualsiasi veda la foto del nostro profilo o possiamo fare in modo che il fatto che visualizziamo il suo profilo rimanga alla persona stessa nascosto.
Ora vediamo qualche consiglio pratico su come gestire la privacy dal pannello di controllo.
Dal pannello di controllo si decide quali contenuti visualizzare nel Profilo Completo e quali nel Profilo Pubblico, dove il Profilo Pubblico è quello accessibile a chiunque digiti il tuo nome e cognome in un motore di ricerca, mentre il Profilo Completo è quello accessibile solo alle persone iscritte alla piattaforma e che hai accettato come contatto.
Nella situazione di default, cioè con le specifiche iniziali impostate da LinkedIn, il tuo profilo Completo sarà visibile a chiunque sia iscritto a LinkedIn, limitatamente al grado di separazione tra te e il suo profilo e al tipo di profilo in possesso del singolo utente (base gratuito o profilo premium a pagamento). Detto questo, però, le tue informazioni di contatto come indirizzo, email, numero di telefono sono visibili solo ai membri appartenenti alla rete dei tuoi contatti (1° grado) e a quei membri ai quali hai risposto tramite inMail. Le altre tue informazioni di contatto come ad esempio l’indirizzo del tuo sito web o il tuo account Twitter, sempre che tu l’abbia collegato, vengono considerate da LinkedIn con un grado di riservatezza inferiore e quindi rese visibili a tutti i membri.
La visibilità dei tuoi long Post di Pulse può essere settata. Tieni presente a questo punto che l’impostazione di default potrebbe anche qui prevedere che “Tutti” su LinkedIn possano vedere i tuoi post, gli elementi che consigli e le condivisioni.
Come fare per gestire la visibilità del tuo profilo?
Ecco i passaggi:
1. Nella barra menù in alto di LinkedIn posiziona il mouse sulla miniatura della tua fotografia che trovi in alto a destra.
2. A questo punto ti si aprirà un menu. Clicca sulla voce “Privacy e Impostazioni – Gestisci”.
3. Ti si aprirà la schermata dove LinkedIn ti chiederà probabilmente di loggarti nuovamente. É tutto normale. É la prassi.
4. Una volta ri-effettuato l’accesso tramite user e password ti troverai nel pannello di gestione delle impostazioni del tuo account.
Ora puoi decidere quali informazioni rendere visibili e a chi: puoi scegliere a chi rendere visibile la tua attività su LinkedIn. Linkedin è, infatti, l’unico social che rende pubblica agli altri utenti la tua attività.
Quindi sappi che ogni condivisione di contenuti altrui, ogni commento, ogni apprezzamento manifestato con il semplice click sulla “manina” da te fatto sulla piattaforma viene tracciato e reso pubblico in una sezione del tuo profilo.
Puoi scegliere di agire in modalità “ghost”.
Come ti sarai reso conto LinkedIn invia una notifica informandoci ogni volta che qualcuno visita il nostro profilo. Ecco! Qui puoi modificare questa  impostazione, decidere quali informazioni di te notificare al proprietario del profilo da te visitato e permetterti addirittura di saltellare da un profilo all’altro in modalità anonima.
Puoi intervenire su “Il tuo posizionamento”.
Questa funzione mostra come stai andando in termini di visualizzazioni del tuo profilo rispetto ai tuoi collegamenti in generale e rispetto ai collegamenti appartenenti alla tua stessa categoria. Se disattivi questa funzionalità, gli altri membri non vedranno te o la tua posizione nella loro pagina in tale classifica e chiaramente nemmeno tu vedrai il loro posizionamento.
Puoi decidere chi può vedere la lista dei tuoi collegamenti, se solo tu o tutti i tuoi collegamenti, e decidere chi può seguire i tuoi aggiornamenti, anche qui se solo tu o tutti i tuoi collegamenti.
Grazie all’utilizzo attivo e consapevole di queste funzioni la gestione della tua pagina può migliorare molto per quanto riguarda la privacy; potrai così permetterti nuove azioni professionali e di business, altrimenti pericolose e quanto meno sconvenienti!

FAQ intra legem – il lavoratore domanda…

IL LAVORATORE DOMANDA:

Sono un lavoratore con rapporto a tempo indeterminato, attualmente in cassa integrazione. Ho un’offerta per un contratto di lavoro a tempo determinato da parte di un’Agenzia per il Lavoro che intendo accettare. Quali adempimenti devo compiere nei confronti dell’INPS?

I dipendenti assunti dall’Agenzia per il Lavoro percettori di ammortizzatori sociali come nel caso di CIGO, CIGS, NASPI, indennità di mobilità, hanno l’obbligo di comunicare preventivamente alla sede I.N.P.S. Provinciale la sottoscrizione del contratto di lavoro a termine a scopo di somministrazione durante il periodo di fruizione del trattamento di sostegno al reddito.

“Nel mondo non ci sono mai state due opinioni uguali”. Montaigne ci spiega la tolleranza

Tutti concordiamo, almeno in linea di principio, sul fatto che l’età moderna cominci laddove finisce il Medioevo: ma, non appena ci domandiamo quali siano gli autori che incarnano col loro pensiero l’avvio della modernità, le prospettive cominciano a divergere.
Proviamo ad immaginare la Francia rinascimentale, in quella Bordeaux nota per il vino e il porto, in cui vigne, lavorazione del ferro e commercio di sale si mescolano per fare della città un punto di riferimento dell’Europa dell’Ovest sia in epoca romana sia sotto il dominio inglese e in un secondo momento anche sotto quello francese.

Il nostro personaggio nasce nel 1533, in un castello, da una famiglia nobile impegnata politicamente. Viene allevato per i primi 3 anni da una balia in un povero villaggio per ordine della famiglia affinchè “potesse respirare la povertà”.
All’età di tre anni torna al castello e viene erudito da un precettore-medico di origine tedesca che gli insegna il latino. In realtà, alcune fonti dicono che parlasse latino alla mattina, greco antico al pomeriggio e francese la sera, ma di sicuro dopo i 13 anni queste lingue le conosceva perfettamente.
Non saprei dire dove, perchè e quando si forma un talento, ma ho la convinzione che questa pluralità di sollecitazioni lo abbiano reso molto sveglio e attento nell’analisi.Forse la compagnia di un medico lo ha portato verso l’analisi dell’uomo, forse il clima rinascimentale lo ha portato a interrogarsi circa le sofferenze, non lo so con certezza…ma il nostro personaggio ha un nome nobile, conosciuto meno di coloro che saranno suoi ispirati eredi quali Rosseau, Pascal o Nietzsche.

Da molti definito il padre della tolleranza, è l’esempio del primo rinascimento, padre del pensiero moderno fondato sull’accettazione della diversità e comprensione della stessa.
Non è certo da lui che verranno fuori i teorici della rivoluzione francese, eppure a lui si potrebbero far risalire le moderne scienze etno-antropologiche e psico-pedagogiche, almeno quelle basate sulla relatività degli usi e costumi o sulle necessità d’interpretare gli atteggiamenti soltanto in rapporto al contesto in cui si formano.
Questo perché egli non vede nell’essere umano alcuna coerenza di idee e comportamenti, e quando la vede, se ne preoccupa, in quanto teme d’essere in presenza di una forma di fanatismo.
Nella sua filosofia si trovano degli aspetti incredibilmente moderni, per conoscersi ed essere conosciuto creò una forma nuova, un monologo con se stesso.
I Saggi (Essais), questo è il nome della sua più grande opera.
La parola essai deriva dal verbo essayer, che significa “provare, saggiare, sperimentare, gustare” e anche “rischiare”.
Ne deriva un genere letterario del tutto nuovo, una forma aperta e frammentaria, la cui scrittura è una sorta di vagabondaggio che rifiuta deliberatamente ogni pretesa sistematica.
I Saggi non sono altro che un diario personale in cui si prendono in esame vari atteggiamenti o pensieri prevalenti nel suo tempo.
Non sono un breviario di saggezza, ma lo specchio delle paure e delle difese di un essere che si scopre frammentario e diversificato. È infatti lui stesso il soggetto di questo libro: soggetto mutevole, di cui appunto l’essere non si può descrivere, ma solo il passaggio e un passaggio “di giorno in giorno, di minuto in minuto”, adattando la descrizione al momento. Con alcuni secoli di anticipo sulle ricerche della psicologia, il nostro personaggio sperimenta come la personalità sia un aggregato provvisorio, incomprensibile e affascinante, di soggetti istantanei, un mosaico di “io” che varia secondo le contingenze. Non per nulla i Saggi sono un’opera in divenire, in continua trasformazione.
La forza di questo personaggio, filosofo, scrittore e politico (perchè dal 1581, per 4 anni, fu sindaco di Bordeaux come lo era stato in precedenza il padre) sta nella tolleranza, nell’accettazione del diverso e nell’esplicitazione della diversità.
Diversità di genere: “Le donne hanno ragione a ribellarsi contro le leggi, perchè noi le abbiamo fatte senza di loro”.
Diversità di religione: “Dopotutto significa dare un bel peso alle proprie opinioni se per esse si fa cuocere vivo un uomo”.
Diversità di pensiero: “C’è bisogno di orecchi molto resistenti per sentirsi giudicare con sincerità”.
Diversità di forma di vita: “Lasciateci dare una possibilità alla natura, perchè sa il fatto suo meglio di noi”.
Diversità di cultura: “Ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi. Sembra che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idee delle opinioni e degli usi del paese in cui siamo. Lui è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l’uso perfetto e compiuto di ogni cosa”.
Questo ultimo punto evidenzia il cosiddetto “relativismo culturale”, cioè l’assenza di una verità assoluta, ovvero l’assenza di una razza e una cultura superiore.
L’infinita varietà dei singoli popoli fa sì che il punto di vista dell’altro è semplicemente diverso, non inferiore, e per questo si evidenzia la tendenza di ciascun popolo a proiettare sul diverso la propria immagine culturale e a dipingere come barbarie ciò che non è nei suoi usi.
Nella sua analisi i pregiudizi, oggetto di critica, consistevano sostanzialmente in questo: giudichiamo negativamente il “diverso” appunto perché non simile a noi;  il giudizio negativo ci serve per legittimare la subordinazione del “diverso” alla nostra volontà; la vera tolleranza sta soltanto nel confronto tra le “diversità”, anche quando si è convinti di possedere la verità delle cose.
Si rispettano gli altri soltanto per essere lasciati in pace, per non essere ostacolati nel perseguimento dei propri interessi. Egli arriva persino a dire che se, in coscienza, uno può giudicare liberamente ogni cosa, è meglio però che in pubblico si conformi allo stile di vita dominante, alle consuetudini, poiché i mutamenti troppo repentini o troppo radicali portano sempre con sé degli aspetti negativi.
Oggi un atteggiamento del genere l’avremmo definito opportunistico o quietistico, anche perché contraddittorio con l’idea, positiva, della relatività delle culture. Infatti, non solo ciò che è assoluto, ma anche ciò che è relativo, se appare negativo, va modificato.
Si potrebbe definire complementare anche il punto di vista che emerge dalla riflessione di Jim Morrison nella canzone People are strange: dal confornto con il diverso si può valutare sé stessi, le proprie paure e i propri limiti. Il resto del testo, poi, continua con la percezione che l’io si costruisce a partire dal comportamento degli altri nei propri confronti.
Il personaggio di questo numero è Michel  Eyquem de Montaigne.
Scettico, pessimista, risulta nel suo modo di comunicare tramite aforismi un umanista convinto, animalista contrario alla caccia, sostenitore della natura e degli animali e soprattutto un sagace, allegro scrittore di se stesso.
Montaigne nei suoi aforismi parla di sé, come esempio di uomo comune e dice la sua.
“Non vergogniamoci di dire ciò che non ci vergogniamo di pensare”.
Montaigne muore nel suo castello il 13 settembre 1592 lasciandoci in eredità la certezza che siamo tutti arroganti sostenitori di noi stessi, ma l’importante è non meravigliarsi di questa natura e accettare l’arrogante egocentrismo del prossimo.
La conoscenza di sé è intenta a scoprire la sua forma propria per ritrovarvi quella di ciascun uomo.
E allora… proviamo a ricordare Montaigne anche solo un secondo in più al giorno e le differenze saranno più comprensibili.

Tracciabilità dei voucher

 

I voucher per le prestazioni di lavoro accessorio saranno resi pienamente tracciabili.  Infatti, è in previsione una norma che stabilisce che almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione lavorativa, con un sms o con la posta elettronica, il committente (imprenditore o professionista) dovrà comunicare alla DTL i dati anagrafici, il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata dell’attività accessoria.

Tale norma, che introduce una modalità di controllo analoga a quella già in essere per il cosiddetto “lavoro a chiamata”, punta ad impedire possibili comportamenti illegali ed elusivi da parte dei committenti (imprenditore o professionista)  che –riprendendo le parole usate dal Ministero del Lavoro, “al pari di un cittadino che utilizza il biglietto dell’autobus solo se sale a bordo il controllore”- acquistano il voucher, comunicano l’intenzione di utilizzarlo ma poi lo usano solo in caso di controllo da parte di un ispettore del lavoro.

Si modificherà in questo modo l’attuale sistema, che consente la comunicazione di inizio della prestazione con riferimento a un arco temporale non superiore ai 30 giorni successivi, che si presta a possibili abusi.

L’attività ispettiva, inoltre, conferma come le violazioni più ricorrenti in tema di voucher siano rappresentate dall’utilizzo del lavoratore per più ore o più giornate rispetto a quelle dichiarate oppure dal pagamento della retribuzione in parte attraverso buoni lavoro e in parte “in nero”. La tracciabilitá dei voucher è finalizzata a un uso corretto di tale strumento.

Inoltre, l’attività ispettiva si concentrerà su controlli di situazioni che prefigurano possibili utilizzi irregolari dei voucher e pratiche di “sommersione” di rapporti di lavoro precedentemente regolamentati da forme contrattuali tipiche.

Anche questo intervento conferma l’intenzione e la volontà del governo e del ministero di combattere ogni forma di illegalità nel mercato del lavoro e di colpire tutti i comportamenti che sfruttano il lavoro ed alterano una corretta concorrenza tra le imprese.