Ora, io non sono un leone né una gazzella, e credo nemmeno voi lo siate, eppure nella società di oggi ci alziamo ogni mattina ed iniziamo a correre come le gazzelle, ma a differenza loro non ci fermiamo mai.
Se pensate ad una gazzella cosa vi viene in mente?
Tralasciando la scena storica di Aldo nel film “Tre uomini e una gamba”, il proverbio africano dice così:
“Ogni mattina in Africa, una gazzella si sveglia, sa che deve correre più in fretta del leone o verrà uccisa. Ogni mattina in Africa, un leone si sveglia, sa che deve correre più della gazzella, o morirà di fame. Quando il sole sorge, non importa se sei un leone o una gazzella: è meglio che cominci a correre”
Le gazzelle, infatti, corrono e fuggono di fronte a una minaccia, ma la cosa che forse non tutti sanno è che appena il pericolo è scampato si fermano e ritornano a brucare l’erba senza preoccupazioni.
Noi umani, causa anche la tecnologia, viviamo una vita in cui proviamo a essere multitasking ogni giorno.
Email, messaggi, musica e foto sono al nostro servizio fantasticamente racchiusi in un piccolo oggetto elettronico.
La mente è irrimediabilmente e compulsivamente attratta dallo schermo, connessa 24 ore su 24, in continuazione.
Smart e connessi, inoltre, come piace a molte aziende: saper lavorare su questi termini è una dote richiestissima che genera orgoglio pure nei leader.
Oggi il multitasking è un genere sempre più diffuso negli uffici.
I dati dell’ultima indagine di Accenture sul tema, lasciano pochi dubbi al proposito: 98 lavoratori su 100 a livello globale dichiarano di svolgere più mansioni in parallelo.
E anche noi italiani, questa volta, stiamo al passo. Anzi, addirittura vantiamo una bella fetta (48%) che passa dal 54% al 74% del giorno con la testa su più “cose” contemporaneamente.
Però, qualcuno si è mai chiesto se l’uomo nasca per essere multitasking? Oggi, l’attuale modello di successo, si identifica con superlavoro, esaurimento da stress, mancanza di sonno, lontananza dalla famiglia, connessione 24 ore su 24… ma funziona davvero?
Cosa c’è che non va nell’attuale definizione di successo?
La nostra definizione di successo si fonda quasi esclusivamente sul denaro e sul potere. Successo, denaro e potere sono ormai praticamente sinonimi e, quindi, per avere successo tendiamo a vivere oberati, assonnati ed esauriti. E ce ne vantiamo quasi fossero dei meriti, mentre ci auto-distruggiamo o ci scaviamo la fossa. Quest’idea di successo può funzionare, o almeno darcene l’impressione, solo nel breve periodo, ma a lungo termine sempre più persone (anche gente di grande successo) crollano. Tutto ciò non è sostenibile.
Perché non provare la tecnica della gazzella per un giorno? Perchè non fermarsi un attimo?
Vi siete mai chiesti quanto tempo passiamo a pensare? Non sto parlando di pensare alla lista della spesa o a quando sarà il prossimo MotoGP, intendo proprio riflettere attentamente su noi stessi.
Se analizziamo la nostra giornata, ci rendiamo conto che siamo praticamente sommersi dalle cose da fare, e quando abbiamo un momento libero, non facciamo altro che ricevere ulteriori input che ci riempono la testa e non ci lasciano spazio per elaborare e produrre output.
Il continuo flusso di cose che abbiamo da fare, non ci lascia un solo secondo per pensare: il pensiero è l’unica cosa che ci differenza dagli animali.
Se mi fermo a pensare, mi rendo conto che il multitsking è la normalità. La banale normalità della nostra generazione che ha dimenticato la semplicità del fare una cosa per volta. Eppure, per quanto il nostro cervello possa essersi adattato ai nuovi ritmi ipercinetici, la capacità di svolgere più attività contemporaneamente è limitata ed è dannosa per il cervello.
Il nostro cervello lavora bene se fa una cosa alla volta e, a conferma di ciò, è comparsa recentemente su Forbes una ricerca inglese che sostiene che il multitasking prolungato produca una diminuzione del quoziente intellettivo adulto fino a 15 punti, avvicinandosi al QI di un bambino!
In sostanza diventiamo più stupidi, facciamo fatica a mantenere concentrazione, creatività, ad apprendere nuove abilità e sembra che ci sia un più precoce e maggiore declino cognitivo.
Il multitasking influenzerebbe negativamente anche la memoria di lavoro, le conseguenze si tradurrebbero nel dimenticare quel che abbiamo fatto appena prima e quel che dovremmo fare subito dopo un’interruzione.
Già queste conseguenze potrebbero essere sufficienti per abbandonare il multitasking. A volte siamo così iper-stimolati che non sembra possibile un’alternativa, in relatà non è così, sempre in più ambiti c’è una riscoperta della lentezza e del compiere azioni in piena presenza mentale.
Alcuni esempi sono lo slow-food, la slow-medicine e lo slow-design, ma l’unica forma di difesa è tornare ad uno stile di vita più pacato, meno prigioniero delle possibilità che ci offre la tecnologia prediligendo la qualità nelle nostre attività piuttosto che la quantità.
Come le gazzelle, dobbiamo imparare a riservare lo stress e la tensione solo ai momenti di pericolo e di “caccia”; il resto della vita lo vivono presenti al loro presente.
La gazzella non sta lì a pensare “e se mettevo male la zampa e scivolavo…?”. Problema scampato, tensione finita.
Noi non sappiamo più vivere così. La società in cui viviamo ha bisogno di una rieducazione all’equilibrio mentale: educare la nostra mente alla reale percezione di ciò che è il presente togliendo il più possibile pregiudizi, ansie, paure e qualunque altro condizionamento.